Un eroe






Wordle: Un eroe
Ogni giorno si svegliava con un sorriso che riempiva la casa d’allegria. Si preparava, canticchiando e poi dopo essersi vestito scendeva di casa per comprare cornetti caldi per tutti i familiari.

Marco, come tutte le mattine, sentendone l’aroma sparso per la casa, si alzò rapidamente per aggiungersi agli altri. Intanto la mamma preparava il latte e la sua sorellina era sulle braccia del papà, che tentava di far atterrare nella sua boccuccia un aereo ricco di proteine.


Fissò il nonno, che con quel sorriso eterno, gli preparava meravigliosamente la giornata. La sua ammirazione per quell’uomo andava oltre ogni immaginazione. Era per lui, il perno della famiglia. Non riusciva a ricordare un solo giorno triste, da quando lui venne ad abitare con loro qualche anno fa, dopo la morte della nonna.

Prima di quel giorno, le cose non andavano bene. Ricordava che la madre voleva che il padre se ne andasse di casa, per un motivo che non capiva, ma che implicava di sicuro zia Wanda, la migliore amica della mamma. Era un brutto periodo, che si culminò con la tragedia della nonna che fu investita da un motociclista poco attento.

Era in quei giorni, che il nonno divenne per lui il suo eroe. Teneva tutti uniti, era sempre presente ed aveva la parola giusta per ogni occasione. La sua serenità era contagiosa, e con essa riuscì a prepararli a quel brutto evento. Ora lo guardava mentre prendeva la giacca, dava un bacio alla figlia e li salutava per poi scendere come ogni mattina.

Non aveva mai capito, dove andasse. Tutti gli chiedevano dove, ma lui sorrideva e non rispondeva. Quel sorriso era cosi tenero, che mai nessuno aveva la voglia di insistere.

Così, quella mattina, decise di seguirlo. Non era la prima volta. Lo aveva già fatto, senza scoprire nulla. Lo vedeva, mentre entrava dal fioraio, che acquistava una piccola rosa per poi prendere l’autobus. Si era sempre fermato lì. Non aveva mai avuto il coraggio di entrare nel bus e seguirlo. Ma quella volta, forte della sua curiosità e da un po’ di folla ci entrò. Vide il nonno salutare tutti.

Era come un raggio di sole in un tunnel buio. Tutti ricambiavano il suo sorriso, tutti sembravano conoscerlo. Una ragazza si alzò per farlo sedere, ma lui non accettò. Scambiò due parole con dei ragazzi preoccupati per un’interrogazione, che dopo scesero sereni e più convinti di se stessi. Che eroe, suo nonno. Erano quelli i piccoli miracoli che realizzava giornalmente.

Ad un certo punto lo vide mentre si incamminava verso l’uscita. Era strano. Tutti si mettevano da parte, per farlo avanzare. Vedeva tristezza nei loro occhi. E gli sembrava che nel volto del nonno non c’era il sorriso. Ebbe una strana forma di gelosia. Gli sembrava che il nonno fosse scontento di andare, perché affezionato a quegli sconosciuti. Scese anche lui dalla porta centrale, correndo per nascondersi dietro ad una macchina.

Quello che vide dopo, lo segnò per il resto della vita. Vide il nonno inginocchiarsi appena che l’autobus se ne andò via. Poggiò la rosa sull’asfalto e pianse. Un pianto forte, straziante. Lo stesso che, adesso, stava facendo lui e tutti quelli che erano intorno. Non aveva mai visto né provato una cosa del genere. Sentiva la tristezza come un vento che soffiava forte.

E scappò. Scappò con tutte le sue forze. Lontano. Non voleva crederci. Non suo nonno. Non poteva essere triste. Si odiava, per quello che aveva fatto. In un solo colpo, sentì tutta la tristezza degli ultimi anni. Tutte le lacrime che non aveva mai versato. Si sentì colpevole di essere sempre stato felice. E sentì di amare suo nonno più di ogni altra cosa.

 

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